Prosecco e Champagne, un paragone sbagliato. Che confusione !

Autore :       Fabio Bruno

Leggendo questo post [ link ] ho notato una grande confusione.

Non si può paragonare lo Champagne ad un Prosecco !

I Metodo Classico italiani come il Franciacorta, il Trento, l’Alta Langa, oppure il Cava spagnolo, si possono paragonare alle bollicine francesi perché fanno parte della stessa tipologia di vino spumante, ma bisogna precisare che questi elencati fanno parte di un solo metodo di vinificazione dei due esistenti che compongono la categoria.

Come ho avuto modo di descrivere nella mia WineList #01, rivolta soprattutto a chi incomincia ad interessarsi al mondo enologico,  la tipologia spumante si divide in spumanti prodotti con il sistema di vinificazione con rifermentazione in bottiglia chiamato Champenoise detto anche Metodo Classico e vinificazione con rifermentazione in autoclave chiamato Charmat detto anche Metodo Martinotti.

Dai due sistemi nascono due vini con caratteristiche molto diverse fra loro.

Il primo ( Champenoise ) è  un lungo procedimento che si basa sulla maturazione e invecchiamento del vino, mentre il secondo sistema ( Charmat ) punta sulla produzione di un vino fresco e giovane da bere in tempi relativamente brevi.

Il Prosecco ( metodo Martinotti o Charmat ) è un ottimo vino con frizzanti bollicine, molto profumato, perfetto per antipasti e stuzzichini vari, paragonarlo allo Champagne è come paragonare il Barolo ad un Grignolino, vale a dire due mondi diversi, due clientele diverse, due fasce di prezzo diverse.

Ogni vino ha il suo ruolo in tavola con caratteristiche ben definite e riconoscibili ( e riconosciute ) da tutti quanti, però alcuni giornalisti, siano essi esperti del settore oppure degli improvvisati enologi, continuano a trascurare l’abc del vino, continuando a mettere in sovrapposizione le performance in vendite dello Champagne e quelle del Prosecco, facendo un paragone improprio .

Certamente le sviste, sperando che non siano incompetenze, dei suddetti personaggi concorrono al solito giochino dello scoop con titolo ad effetto.

Io per primo invento titoli accattivanti per attirare l’attenzione ( e mi rendo sempre più conto forse è controproducente, perchè le persone non leggono o non capiscono il contenuto e ti urlano dietro ) ma cerco di scrivere contenuti che siano veritieri ( magari anche un po’ banali per chi fa parte del settore enoico ), soprattutto per correttezza verso il pubblico neofita del vino.

Dopo queste precisazioni vorrei spostare l’attenzione su di un altro piano.

Fuori dai confini italici il Prosecco è conosciuto come un vino spumante, ossia,  nella loro estrema semplificazione, come uno “ Champagne “, perché appunto è un vino spumantizzato.

Ìn alcuni paesi, nel gergo comune di ristorazione, non esiste la parola spumante, perciò si attribuisce a qualsiasi vino con bollicine l’appellativo di “ Champagne “.

Questa “ anomalia “ identitaria ha generato un’operazione di marketing ( forse involontaria ma certamente ben cavalcata ) che pone il Prosecco come antagonista al famoso vino francese, diventando così l’alternativa,  la versione  “povera “, aggredendo così la fascia più a buon prezzo del settore.

Dal punto di vista del posizionamento del brand Prosecco, la strategia adottata è ottima e, nello specifico, nulla si ha da invidiare al marketing dei cugini d’oltralpe.

I fatti dicono che sulla bocca degli inglesi e di altri popoli sparsi nel mondo, la seconda parola dopo lo Champagne è l’italianissimo Prosecco, e non lo spagnolo Cava…

Credo altresì, che sia improprio ed inesatto snocciolare alcuni numeri sulla produzione, esportazione e fatturato dello Champagne, i quali, per le ragioni in precedenza descritte, inevitabilmente saranno volumi sempre maggiori agli ottimi risultati dello spumante veneto.

Riprendendo spunto dall’articolo, sono pienamente d’accordo con la linea di Slow Food ( in questo caso imparando dai francesi ) nel valorizzare il proprio vino senza sminuirne la qualità.

Se il passo degli impianti a Prosecco continua a espandersi a dismisura è  inevitabile che la particolarità e la qualità del vino sarà sempre più scarsa trascinando con sé il deprezzamento del prodotto.

Verrebbe a meno anche la credibilità della certificazione Doc e Docg.

Del resto, è un film già visto negli anni d’oro del Lambrusco, un argomento che ho ampiamente affrontato nella WineList #00 Ouverture ; vitigni di lambrusco che coprivano anche gli ombrelloni della riviera romagnola tanto è stato lo sfruttamento intensivo di questo vino, fino al completo decadimento del prodotto. Dopo decenni di emarginazione, il vino più conosciuto dell’Emilia Romagna sta, per fortuna, vivendo da qualche anno l’era del Rinascimento.

Spero proprio che la storia insegni una volta tanto. Viviamo pur sempre in Italia, ragion per cui, qualora si possedesse un terrazzino o un semplice balconcino di un appartamento sito nei pressi di Conegliano, consiglierei di impiantare un filare di Glera a pergola trentina semplice, sostenuto dalla ringhiera e stendino annesso, perché sicuramente il suddetto filare verrebbe insignito ( previo lecita domanda scritta al consorzio ) della D.O.C. Prosecco.

    Fabio Bruno

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