Un sorso di Libertà

Autore :

fabio bruno
fabio bruno


La parte più intrigante di un vino spesse volte viene trasmessa dalla sfera emozionale, solitamente si tratta di un aspetto difficile da far comprendere ai propri interlocutori perché riguarda l’impressione di un individuo verso una determinata bottiglia, e non di rado potrebbe accadere di sfociare nell’esoterismo enoico.

Non è inusuale leggere di appassionati di vino che si spendono in parole affettuose per una determinata azienda vitivinicola semplicemente perché in qualche modo è un ricordo legato alla gioventù, oppure perché il vino viene prodotto in luogo a cui si è affezionati o anche perché si conosce il produttore e con esso si ha una particolare affinità nel modo di intendere la vita, il vino può sollecitare quindi i ricordi e le sensazioni personali. 

Ci sono altresì circostanze nelle quali l’aspetto emozionale va oltre alla soggettività ed è il caso del progetto del vino in oggetto di questo contenuto. 

Qualche settimana fa, durante la mia consueta spesa in un iperstore, non sono riuscito a restare indifferente alla vista di una etichetta fra le mille altre nel reparto “vino” del supermercato Coop.

La scritta “Placido Rizzotto” mi ha colpito immediatamente e ha riaperto una breccia nel mio cuore, un varco che ogni italiano conosce bene e che si traduce in un sentimento di dolore talmente lancinante e lungo nel tempo che molte volte viene assopito.

Un nome e cognome scritti in maiuscolo ma che per molto tempo sono stati sottaciuti, sepolti insieme alla parola impronunciabile, mafia.

Tale è stato il mio sgomento in quel frangente che non ho potuto fare a meno di leggere attentamente l’etichetta per poi acquistare la bottiglia e non perdere così l’opportunità di assaporare un sorso di libertà e, per inciso, la mia metafora non è semplicemente una suggestione ma concretamente si tratta di un vino proveniente dalle terre confiscate alla mafia.

La retroetichetta recita in questo modo:

“Centopassi è l’anima vitivinicola delle cooperative Libera Terra che coltivano terre confiscate alla mafia in Sicilia. Dedicato a Placido Rizzotto, sindacalista corleonese che ha dato la vita per la liberazione della propria terra dall’oppressione mafiosa, e al piccolo pastore Giuseppe Letizia, ucciso perché involontario testimone dell’omicidio di Placido.”

(Giuseppe aveva soltanto 13 anni. N.d.A.) 

Dinnanzi ad un simile nobile progetto la mia abitudine ad analizzare l’aspetto tecnico e organolettico del vino è passata in secondo piano.

Questo è un caso in cui è più importante il luogo, l’idea e il motivo per il quale si coltiva dei vigneti rispetto al vino in sé, le stesse circostanze si riconoscono anche nelle cantine sociali sparse in tutta Italia che creano lavoro e conferiscono valore al territorio e le cooperative Libera Terra [LINK] hanno indiscutibilmente ancora un valore aggiunto.

Nonostante la mia precedente considerazione, l’impresa siciliana produce un vino di buona qualità perciò deve essere assolutamente analizzato:

Centopassi Placido Rizzotto Bianco IGT Terre Siciliane 2021,

è un prodotto biologico di facile beva e si presta bene ad accompagnare i pasti. Al calice si presenta un vino di qualità di colore giallo paglierino intenso con riflessi oro, profumi intensi di pesca, frutta esotica, ananas, dotato di freschezza e di una buona persistenza con un finale amaricante. Lo si può acquistare al supermercato Coop a un prezzo intorno a 7 euro. 

Centopassi oltre a fornire la linea Rizzotto nella quale è compreso anche un IGT rosso, ha molte altre ottime etichette da scoprire, nel loro sito molto accurato vengono riportate in modo dettagliato le altitudini e le caratteristiche dei terreni delle rispettive vigne dell’Alto Belice Corleonese [Link].

Invito i lettori a documentarsi su Placido Rizzotto e guardare il film a lui dedicato:

Link:

https://youtu.be/YvrncowHK20

Ps: ringrazio e dedico questo scritto ai miei cari amici, nonché lontani parenti di Placido, Antonio e Stefano Rizzotto, a loro padre, madre e nonna che mi parlarono di questi fatti quando ero poco più di un ragazzino, in un tempo in cui non era ancora emersa del tutto la vicenda, peraltro senza alcuna chiarezza da parte delle istituzioni, anni dove si faceva ancora fatica a parlarne nonostante si riferisse ad un duplice omicidio di stampo mafioso avvenuti nel lontano 10 e 14 marzo 1948.


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fabio bruno

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