Ci vuole poco, 33 caratteri in etichetta per essere chiari


Autore :

fabio bruno
fabio bruno

Ci vorrebbe un’informazione esaustiva.

Non dico che si debbano trascrivere in etichetta tutti gli “ingredienti” che compongono il vino, lo troverei inutile, ma almeno si dovrebbe avere l’accortezza di dare un consiglio su come bere in tempi utili un vino prima che diventi meno buono ed essere al limite della godibilità.

Quante volte si vede questa informazione sull’ etichetta?

Risposta: Raramente.

A dire il vero, la si può trovare eccezionalmente se il periodo indicato di godibilità fosse entro 10 anni o più.

Riprodurre la dicitura cerchiata in foto è una forma anche di auto tutela da parte dell’azienda produttrice.

Non tutti sono esperti di vino, anzi, al contrario, la maggior parte delle persone hanno poche informazioni su questo magnifico prodotto.

Ipotizziamo che un consumatore generico compri una bottiglia di ottimo vino da “pronta beva” (ovvero un vino da bere entro due o tre anni) che abbia però 5 – 6 anni di vita, probabilmente il vino in questione non sarà al massimo delle sue potenzialità, perciò facilmente non risulterà buono all’acquirente interessato.

Che farà questa persona quando si troverà, in enoteca od in un supermercato, nuovamente di fronte a sé la stessa bottiglia od un vino della stessa cantina?

Certamente non ne comprerà mezza bottiglia di quel vino. Chiunque di noi si comporterebbe allo stesso modo.

Sia chiaro che sono un semplice appassionato consumatore di vino e, da tale mia autorevolissima posizione (un po’ di autoironia), mi pare giusto mettere in evidenza le problematiche di chi compra il vino e vuole maggiori informazioni su ciò che beve.

Qualcuno certamente obietterà che un vino potrebbe riservare delle sorprese nonostante sia concepito per essere consumato rapidamente, potrebbe infatti risultare altrettanto buono anche dopo 6 anni di vita ed, in effetti, è un’osservazione tecnicamente accettabile perché le variabili sono tantissime sul risultato del prodotto finale, dall’influenza sulla vigna degli agenti atmosferici di ogni singola annata sino a come viene conservata la bottiglia, ma nel caso si verificasse questa longevità inaspettata, sarebbe comunque un’eccezione e non vedo perché uno dovrebbe sfidare la sorte.

Ho constatato che questo tipo di informazione non la si trova in etichetta ma è più probabile che sia reperibile nella scheda tecnica di ogni singolo vino rintracciabile sui siti internet delle case produttrici, non è comunque una nozione abituale, questo perché la si considera una indicazione supplementare o superflua.

Per quanto mi riguarda, invece, è un dato fondamentale, soprattutto lo è per chi non ha il tempo o lo scrupolo, come posso averlo io (ma sono un appassionato sommelier), di andare a spulciare tra le pagine web le peculiarità di una bottiglia.

Potrebbe risultare un paradosso, però mi è più utile sapere l’epoca di consumo del vino che l’essere informato della presenza dei solfiti.

Quindi, perché non si indica sull’etichetta il periodo migliore per consumare il vino?

Per far fuori più facilmente le scorte?

Perché i rivenditori non hanno problemi di giacenza?

Perché ci vuole coraggio per essere trasparenti?

Perché non c’è posto sull’etichetta?

Mi si perdoni l’ironia, però ci vuole poco, 33 caratteri in etichetta, giova sia al consumatore che al produttore.

Non vedo delle ragioni valide per non scriverlo.

Il dettaglio della foto ritratta ad inizio articolo fa parte della retroetichetta del Dolcetto d’Alba DOC Le Coste di Michele Chiarlo.

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fabio bruno

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